La lunga storia della Porta di origine romana e della sua adiacente cinta muraria, storia ricca di trasformazioni progettate o traumatiche, di interventi realizzati o solo pensati, di pomposi dibattiti ed erudite discussioni sui restauri eseguiti - quando con il termine restauro s'intendeva qualcosa di molto diverso da oggi - fa sì che questo monumento torinese sia anche un interessante libro materico di storia del restauro.
Se si potessero infatti guardare contemporaneamente l'oggetto architettonico odierno e le riproduzioni fotografiche storiche, o meglio tutti i "prima e dopo il restauro" degli ultimi centocinquant'anni almeno, si scoprirebbe quanto sia stato impellente da parte degli addetti ai lavori il bisogno di utilizzarlo, connotarlo, trasformarlo e ritrasformarlo, in alcuni casi anche togliendo quanto fatto non molto tempo prima. I costi e la difficoltà di operare in un ambiente densamente edificato hanno spesso dilatato gli interventi previsti, a volte rimasti incompiuti o cancellati: l'immagine delle torri circondate dai ponteggi e trasformate in cantiere ha così accompagnato la storia cittadina per molto, molto tempo. Nel corso dei secoli oltretutto la muratura romana ha cambiato più volte la propria funzione, servendo da supporto per altri palazzi tra cui le carceri del Vicariato nel 1724, trasformatosi in carcere femminile nel 1848 (sino all'inaugurazione delle Nuove nel 1872), e fungendo da "muraglia di appoggio" per edifici ad uso pubblico come una scuola d'arte prima e un liceo musicale poi. Se la porta ha continuato, grazie al suo fascino e imponenza, a mantenere pur sempre un forte significato simbolico, diversa è stata la storia (per noi imprescindibile da quella del monumento) della sua cinta muraria. Quest'ultima infatti al pari della Porta Palatina è stata utilizzata quale sostegno e struttura di numerose edificazioni civili, ma al contrario di questa, che un ruolo monumentale ha pur sempre continuato a possederlo, ha rischiato più volte la demolizione. Quando la Città è entrata nel pieno possesso del bene, alla metà del XIX secolo, le istanze di valorizzazione spingevano per la "liberazione" del monumento, per il suo isolamento dall'edificato circostante. L'intento di valorizzare non sempre è stato sinonimo di conservazione e dobbiamo alla resistenza di Carlo Promis l'attuale presenza dell'alto muro che ancora segnala simbolicamente l'inizio della città quadrata. Le distruzioni belliche dell'ultimo conflitto hanno risparmiato miracolosamente la porta e liberato, al di là di tutte le polemiche, il muro della cinta dagli edifici addossati, lasciando solo più il compito di riordinarlo e di risarcire i vuoti. Insieme alla sua vetusta base romana, soprattutto sul lato nord, questa muraglia ancora oggi alta quasi dieci metri porta con se innumerevoli porzioni di costruito che testimoniano una sorta di "storia del rappezzo", della riparazione, in definitiva della conservazione.
Arch. Marina Locandieri
TORINO COMPLESSO ARCHEOLOGICO DELLE PORTE PALATINE
Restauro conservativo della Porta Palatina e del muro di cinta romani (I sec. d.C.)
Tipologia intervento: restauro apparecchiature in laterizio ed elementi lapidei
Committente: Città di Torino
Direzione Lavori: arch. Cristina Volpi
Alta sorveglianza: dott.ssa Stefania Ratto, dott.ssa Luisella Pejrani – Soprintendenza per i Beni Archeologici e il Museo delle Antichità Egizie; arch. Valerio Corino – Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Provincie di TO, AT, CN, BI e VC
Durata lavori: settembre 2013 - dicembre 2014
Finanziamenti: Compagnia di San Paolo, Città di Torino
Imprese consorziate esecutrici: Michelangelo Varetto, R.i.c.t. Tauro s.a.s. di Marina Locandieri & C.
Per approfondire:
- Articolo del Corriere Artigiano di aprile-maggio 2015 "Torino, nuova vita alle Porte Palatine"
- Articolo de La Stampa del 20 marzo 2015 "Porte Palatine ripulite senza inaugurazione"
- Articolo de La Stampa del 17 marzo 2015 "Una nuova Notte Bianca per il lifting delle Palatine"
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